Intervista a Lara Serrano: l'arte è liberta di espressione
Intervista a Lara Serrano: l'arte è liberta di espressione
Ciao Lara, hai appena pubblicato il tuo album d’esordio “Parole Sciolte”. Il disco si apre con una domanda e si chiude con una sorta di resa dei conti. Possiamo dire che si tratta di una conversazione con te stessa iniziata tempo fa e solo ora diventata pubblica?

Sì, esatto. È un lungo percorso di autoanalisi durato circa due anni. Nasce da un momento di down dovuto alla fine dell’università e alla paura del futuro, dalle insicurezze che colpiscono qualunque mio coetaneo e, soprattutto, dai traumi che sono affiorati proprio quando pensavo di averli superati. Ho scelto di pubblicare questa mia lunga riflessione perché credo che tutti, chi più chi meno, attraversino un periodo di crisi dovuta al cambiamento e alle alte aspettative della società. Sono una persona molto riflessiva e cerco sempre la logica delle cose, quindi inevitabilmente questo iter si sviluppa tra domande e risposte, in un loop infinito. Come si può notare, nonostante il lungo flusso di coscienza tra l’intro e l’outro, vi sono domande rimaste in sospeso.

La tua scrittura alterna registri intimi e riferimenti culturali anche sorprendenti, come Hayez e Goya in “Nuvole e Paranoia”. Quanto ti senti libera di contaminare la musica con ciò che ti ispira, anche se apparentemente distante?

L’arte è libertà di espressione. Non mi sono mai posta questa domanda perché qualsiasi ispirazione per me è punto di forza, dal tramonto sul mare, alla luna, ai quadri. Non ci sono paletti.

In “Fra(m)menti” tratti il tema del disallineamento tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. È uno dei brani più spiazzanti. Come ti sei sentita a mettere in musica questo tipo di vertigine identitaria?

Fra(m)menti è il pezzo che ho scritto con più facilità e penso che questo sia dovuto al messaggio forte e insistente. Nessuna frase è stata inserita per ricercare la rima. Nel brano parlo a un “tu” che non è impersonale bensì è un dialogo con la me adolescente. Ho trovato l’ispirazione guardando un album di fotografie e ad un certo punto ho faticato a riconoscere la luce che avevo negli occhi qualche anno fa. Più che un disallineamento tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere faccio riferimento a ciò che sono e ciò che ero. Mi piaceva molto la mia parte leggera e spensierata. Adesso indosso solo una maschera che ricalca esattamente quel personaggio. Ma non sono più così. In pochi lo hanno davvero capito.

L’album non rincorre consensi. Anzi, sembra chiedere silenzio, ascolto, presenza. Hai avuto timore che questa scelta potesse limitare l’attenzione del pubblico o era una posizione necessaria?

Sicuramente ho tenuto in considerazione la possibilità che l’album venisse apprezzato solo da una nicchia ristretta di persone, ma in quel momento rispecchiava quello che avevo necessità di comunicare.

Il linguaggio che usi è viscerale ma preciso. Da dove nasce questa attenzione alla parola, e come la costruisci nella scrittura?

Esce tutto in modo naturale. Solo raramente ricerco termini, forse solo nei giochi di parole. Il resto viene scritto esattamente come pensato. L’attenzione alla parola nasce dal mio carattere riservato e, spesso, chiuso. Mi piace far sorridere le persone e parlo anche con i muri, rido e scherzo ma è raro che io mi apra davvero con le persone che mi circondano, spesso sono emblematica. Quando scrivo questo mio lato viene meno e si traduce in un flusso di coscienza.

Hai alle spalle anche un percorso accademico in Giurisprudenza. In “Outro” dici che è solo dalla musica che aspetti una sentenza. Quanto è stato difficile ammetterlo anche a te stessa?

È stato molto più difficile farlo comprendere agli altri in realtà. La musica ce l’ho dentro, l’ho sempre avuta e l’ho sempre saputo. Una volta era il mio piano A, poi è diventato il piano B e adesso è il mio rifugio.

“Parole Sciolte” non è un disco leggero, ma è pieno di immagini che restano. Che tipo di reazione speri possa generare in chi lo ascolta, specialmente tra i più giovani?

Proprio per i temi trattati, spero che chi lo ascolta possa sentirsi meno solo. Oggi qualsiasi argomento più delicato diventa tabù, oggetto di vergogna. Mi auspico che in futuro possa non essere più così. A volte bisogna avere il coraggio di parlarne, anche se sono ambiti scomodi. Sono le fragilità a renderci umani.

Se oggi potessi rivolgerti alla Lara che ha iniziato a scrivere questi brani, cosa le diresti?

Mi congratulerei con lei. Non perché ha trovato le risposte che cercava, ma perché ha avuto il coraggio di porsi le domande giuste.
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