
Su La voce comune del mondo. Monografia antologica su Fausta Genziana Le Piane di Plinio Perilli, Macabor Editore 2025 (nota di Anna Maria Curci)
L’incontro con la poesia non può non nutrirsi di uno studio costante, quotidiano. L’ascolto e la lettura del testo toccano corde molteplici, fatte vibrare innanzitutto – è ovvio, ma non del tutto superfluo ribadirlo - dalle percezioni sensoriali. In un gioco di rimandi, complesso e imprevedibile, in un viaggio pluridirezionale, risuonano e si illuminano poi collegamenti, che invitano a loro volta ad approfondire, percorrendoli, itinerari di ricerca. Lo studio, l’azione della lettura e dell’ascolto, danno vita a un’analisi di elementi e concetti anche del proprio universo poetico e, soprattutto, a una riflessione sulle sempre dinamiche manifestazioni e modalità sia della pratica poetica sia della sua ricezione, in un flusso continuo che richiama quello della ricerca-azione in campo educativo.
Nel caso del volume di Plinio Perilli, dedicato alle opere di Fausta Genziana Le Piane, volume che Macabor Editore, con una scelta particolarmente felice, inserisce nella collana “Voli pindarici”, lo studio di Plinio Perilli su Fausta Genziana Le Piane, poetessa, narratrice, saggista, francesista, può essere considerato una tappa esemplare di questo procedimento affascinante, fonte di riflessioni, soste feconde e altrettanto feconde ripartenze. Soffermarsi infatti sulle pagine e sui capitoli del volume La voce comune del mondo da un lato attiva la scoperta (o la riscoperta, per chi ha già incontrato la sua opera) di elementi fondamentali della scrittura di colei che viene a ragione definita “figura rilevante e vitale, scrittrice estrosa e multiforme”, dall’altro invita in misura ‘dolcemente tenace’ a un ulteriore approfondimento dei testi dell’autrice.
La prima parte del libro, racchiusa un Prologo e da un Epilogo, è dedicata alle poesie e alle prose poetiche di Fausta Genziana Le Piane, nelle raccolte Incontri con Medusa (2000), La notte per maschera (2003), Gli steccati della mente (2009), Stazioni/Gares (2011), Ostaggio della vallata (2014), Parole scartate (2017), Cappuccio rosso (2019), Scene da un naufragio (2019), Il triciclo di Shinichi (2023). Già i titoli mettono in evidenza l’ampiezza dei temi, delle fonti di ispirazione, dei richiami alla letteratura, alle arti figurative, alla storia. La cura nella scelta della parola – Fausta Genziana Le Piane si dichiara, giustamente, anche filologa – si associa a un universo mitopoietico ben articolato, con radici, ben messe in evidenza, nella mitologia classica (Fausta Genziana Le Piane, nata in Calabria, è, nel senso più ricco del termine, “magnogreca”, come fa ben notare Plinio Perilli), in quella celtica, nella mitologia legata alle terre della Sabina. Nella mitopoiesi di Fausta Genziana Le Piane intervengono suggestioni, rielaborate in maniera interessante e originale, dall’arte di Géricault, dalla linguistica, dal paesaggio della campagna che si anima di presenze e voci, dalle tragedie della Storia, che si presentano attraverso le testimonianze dei piccoli e dei dimenticati. La “cognizione del dolore” non è mai disgiunta da quello che Perilli indica come principio della creazione poetica dell’autrice: l’Amore, da intendersi in senso onnicomprensivo e non confessionale.
Nella seconda parte, le pagine e gli “omaggi” – come li definisce Plinio Perilli – che questi compone per Fausta Genziana Le Piane, sono rivolti ai racconti e ai saggi che l’autrice scrive. Tra le prose, oltre a quelle scritte con Tommaso Maria Piatti (Un ponte sullo stretto, Duo per tre), vanno annoverati i racconti di La luna nel piatto (2004), il saggio, acuto e lucidissimo, L’artista della gioia (2008) sul romanzo di Goliarda Sapienza L’arte della gioia, le Riflessioni filologiche (2019), le interviste e i colloqui con autrici e autori di poesia contemporanea.
Dalla lettura di questo volume si esce con un sentimento di riconoscenza, nei confronti di Plinio Perilli per la sua Monografia antologica e nei confronti di Fausta Genziana Le Piane, la cui opera si va costruendo negli anni con una solida e significativa fede nella parola.
Anna Maria Curci