
Recenti ricerche condotte da Tristan Caro, un ricercatore del California Institute of Technology, hanno rivelato sorprendenti verità sulla vita microbica nel permafrost dell'Artico. Pubblicati nel *Journal of Geophysical Research*, i risultati mostrano che antichi organismi non sono solo resti fossili, bensì creature dormienti pronte a riprendere vita dopo millenni di inattività.
Il permafrost, suolo congelato per almeno due anni, è presente in gran parte dell'Alaska e conserva enormi quantità di materia organica, che, se liberate, possono generare gas serra e contribuire al riscaldamento globale. Lo studio ha simulato lo scongelamento dei campioni, mantenendoli in condizioni controllate per osservare il risveglio dei microbi.
Inizialmente, l’attività microbica era minima, con solo lo 0,001-0,01% delle cellule che si rinnovava quotidianamente. Tuttavia, dopo sei mesi, si è verificata una significativa riorganizzazione delle comunità microbiche, che hanno iniziato a formare biofilm e a sviluppare strategie di resistenza al freddo.
Una scoperta cruciale riguarda le emissioni di anidride carbonica: queste potrebbero derivare da bolle d'aria antiche piuttosto che dall'attività microbica recente, rendendo fondamentale la distinzione per le misurazioni sul campo. Con il riscaldamento dell’Artico più rapido rispetto ad altre regioni, i microbi hanno ora l’opportunità di rimanere attivi e contribuire al rilascio di carbonio per periodi più prolungati.
Lo studio evidenzia il rischio di un ciclo pericoloso in cui il riscaldamento globale provoca lo scongelamento del permafrost, permettendo ai microbi di rilasciare gas serra, aumentando ulteriormente il riscaldamento. È essenziale effettuare ulteriori ricerche per comprendere meglio le dinamiche di queste comunità microbiche e il loro impatto sulle emissioni di gas serra, affinché i pianificatori possano progettare infrastrutture resilienti in risposta ai cambiamenti climatici in corso.