La Città dell'Acqua: archeologia e reperti dell'ex Cinema Trevi
La Città dell'Acqua: archeologia e reperti dell'ex Cinema Trevi
L'Ex Cinema Trevi è stato sede di storia culturale cinematografica italiana di grande importanza, ma nessuno poteva immaginare che, alla sua ristrutturazione, avvenuta tra il 1999 e il 2001, emergessero dalle fondamenta e dagli scavi altrettanto importanti testimonianze della storia secolare che ha preceduto la nascita del cinema, che ha ospitato migliaia e migliaia di pellicole italiane intramontabili. Nei 350 mq di superficie in cui si sono svolti i lavori di scavo archeologico, per una profondità di 9 metri, sono emersi almeno tre diversi strati di reperti archeologici testimonianza di urbanizzazione del sito, che attualmente viene riconosciuto con il nome "Città dell'Acqua" per le caratteristiche che illustreremo a breve.

L'area archeologica del Vicus Caprarius è ricca di acqua per natura: la Fontana dei Trevi, l'Acquedotto Vergine e la fonte sorgiva sempre attiva sono i motivi per cui l'area è così denominata riconoscendo in essa il principale elemento fondante dell'Acqua. A partire dalla età augustea si hanno i primi segni di urbanizzazione dove era probabilmente edificata una aedicula Capraria, luogo di culto. Quello che oggi rimane evidente è un caseggiato in due sezioni e tre strati, rimaneggiato dalla originale struttura abitativa, riedificata poi a palazzo, come attestano le ristrutturazioni, che trasformano il piano più basso in piano di servizio, probabilmente di una lussuosa residenza signorile (domus). In seguito poi abbellita con decorazioni e mosaici, statue e lapidi, marmi e decorazioni parietali e pavimentali. Sin dall'età neroniana.

In una fase successiva, databile in età adrianea (dopo l’anno 123 d.C.), il complesso subì una profonda trasformazione. I due ambienti più vicini al vicus Caprarius furono infatti trasformati nei vani comunicanti di un unico grande serbatoio idrico, con capacità stimabile in circa 150.000 litri. Il pavimento e le pareti, di cui fu raddoppiato lo spessore per bilanciare la pressione dell’acqua all’interno, furono rivestiti con uno spesso strato di intonaco idraulico (cocciopesto). Per le sue particolari caratteristiche il manufatto va quasi certamente identificato con un serbatoio di distribuzione (castellum aquae) dell’Acquedotto Vergine. In un terzo periodo nel XII secolo circa, la struttura venne nuovamente rimaneggiata con materiali più poveri. Infine in età moderna divenne sede del Cinema Trevi.

La visita alla "Città dell'Acqua" è una preziosissima testimonianza palpabile della originaria forma di Roma, con questi tratti di sovranità e ricchezza, uniti anche a una pratica molto radicata del riutilizzo e della valorizzazione dell'acqua. Siamo soliti vedere quello che resta degli acquedotti romani, ma raramente abbiamo occasione di sentirci immersi nel passato antico, al punto di poter quasi respirare la sensazione che si sarebbe provata vivendo in epoca augustea o neroniana. Per questo suo tratto fortemente contestualizzante, visitare la mostra consente di capire i grandi cambiamenti che la città ha vissuto, sentendoli quasi appoggiarsi su di sé per parlare di passato e di vita reale. Una mostra non eccessivamente impegnativa, ma molto impressiva.
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