La mia amica Kalè
La mia amica Kalè
La storia che sto per raccontarvi risale a qualche tempo fa e parla dell’amore di una ragazza e di una tartaruga… si, avete sentito bene, si tratta proprio di una tartaruga, ma non storciate il naso perché la mia non è una favola, ma una storia vera su cui posso assicurare personalmente visto che la ragazza ero io.
Questo legame particolare nacque quando un mio amico, inaspettatamente, in una splendida giornata di giugno, mi portò in regalo una piccola tartaruga d’acqua, essendo a conoscenza del mio amore per gli animali.
Questo regalo, in realtà, mi sorprese enormemente giacché io avevo sempre prestato le mie attenzioni nei confronti dei classici animali domestici ignorando anche l’esistenza di tale essere vivente.
Fino a quel momento, infatti, ero stata convinta che le tartarughe marine fossero tutte grandissime come quelle che avevo qualche volta visto nei documentari in tv! Ne consegue che prima ancora di guardare tale animaletto, posto in una vaschetta trasparente con tanto d’acqua, mi sentii incerta se accettare o no questo regalo.
Il mio amico, però, mi assicurò ampiamente sul fatto che la tartaruga in questione sarebbe rimasta per sempre piccola e che per tanto non avrebbe richiesto alcun tipo di cura speciale da parte mia, visto che se ne sarebbe sempre stata a nuotare in acqua, mangiando a malapena due volte al giorno, così come fa un pesciolino rosso.
Fu a questo punto che, rassicurata da tali notizie, mi avvicinai al mio “regalo” e incuriosita m’inchinai con il viso sopra la vaschetta per sbirciare questa mia nuova “amica” che nel frattempo se ne stava nascosta in un angolo.
Quel dolce animaletto mi conquistò immediatamente. Il mio si può dire che fu amore a prima vista e come poteva non essere altrimenti visto la bellezza incredibile di quel cucciolo di tartaruga! Era tanto piccola da poterla tranquillamente confondere con un bottone colorato, visto che la poverina, spaurita per tutte quelle novità, se ne stava chiusa nel suo guscio che era verde smeraldo sul lato superiore e di un giallo meraviglioso su quello inferiore.
Trascorsi, così, tutta la giornata a guardare il mio nuovo amico e fu proprio per la sua bellezza che poco dopo decisi di chiamarla “Kalè” che in greco significa per l’appunto “bella”. Con il tempo, però, ho scoperto, a mie spese, che le cose che mi erano state dette a proposito di questo tipo di animale, non solo dal mio amico ma anche da vari pseudo esperti del settore, erano del tutto errate.
Kalè, infatti, mostrò da subito di vivere male in quella sua nuova collocazione e solo grazie a delle mie ricerche personali, fatte su internet, appresi quale era il sistema reale per rendere quanto più dignitosa possibile la vita ad una tartaruga marina. Grazie a tali mie cure e spese, anche molto onerose, Kalè iniziò finalmente, poco dopo, a tuffarsi allegramente di qua e di là e a mangiare felice, arrivando in breve tempo anche a riconoscere gioiosa il suono della mia voce.
Ogni volta mi avvicinavo a lei, infatti, la piccolina sbatteva allegramente le zampette nell’acqua, cacciando tutta la testina fuori e arrivando a toccare la sponda della sua vaschetta più vicina a me.
Era dolcissima, tant’è che spesso me la mettevo vicina, fuori dall’acqua e la guardavo perlustrare curiosa tutte le novità che le capitavano a portata di mano. Fu così che scoprii che anche degli animaletti come le tartarughe possono instaurare un legame profondo con gli uomini. Nel giro di poco tempo, però, contrariamente a quanto sosteneva il mio amico, la mia Kalè iniziò a crescere a vista d’occhio diventando almeno di 15 centimetri e del tutto sproporzionata all’acquario in cui si trovava, ma a nulla serviva comprarne uno più grande perché più era grosso l’acquario e più la bestiolina cresceva necessitando di maggiore spazio.
La fatica, poi, per pulire tale vasca gigantesca piena di pietre era diventata assurda, tanto che arrivavo a impiegarci circa due ore al giorno per farlo, ma ormai di certo non avevo scelta.
E così, benché molto scoraggiata dalla cosa, ero pronta ad affrontare tali disagi, fino a quando Kalè smise nuovamente di nuotare e di mangiare, poiché eccessivamente sacrificata nella sua vaschetta che per quanto ampia potesse essere, le era comunque stretta per tanto, nel tempo, anche le sue reazioni nei miei confronti divennero sempre più deboli.
Intuivo che in quello stato la mia amica (kalè era una femmina) stava soffrendo, ma di certo non sapevo che cosa poter fare per aiutarla. Di lì a poco, però, mi trovai a leggere su un giornale un articolo sconvolgente che condannava l’acquisto domestico delle tartarughe marine, costrette in condizioni non appropriate al loro stato e ad una vita ignobile che le avrebbe portate nel tempo fino anche ad atrofizzarsi nei movimenti con un forte rischio per la loro stessa esistenza.
Fu così che, dopo un lungo tormentato pensare, ho preso la decisione di separarmi, dopo un anno e mezzo, dalla mia tartaruga. Prima che ciò avvenisse, però, l’ho portata tutti i giorni in una vasca, all’aperto, per farla nuotare liberamente e farle riprendere agilità nei movimenti, finché è arrivato il giorno che io cercavo di rimandare il più possibile, quello della separazione dal mio tesoro.
I dubbi, le paure e la sofferenza per tale gesto sono stati tanti, ma alla fine mi sono recata ad un fiume consigliatomi da alcuni esperti del WWF da me consultati per l’occasione, e l’ho lasciata libera di andare. So che può sembrare banale come cosa, ma vi assicuro che per me è stato doloroso separarmi dalla mia piccola amica. Per la prima volta, però, ho visto la mia tartaruga correre veloce e tuffarsi felice nel suo mondo da dove nessuno avrebbe dovuto separarla.
Io non so se Kalè sia riuscita a rendersi di nuovo indipendente e pronta a vivere la vita che avrebbe da sempre dovuto fare, visto che c’è anche il rischio che non si sia più inserita nel suo habitat naturale, ma di certo con me sarebbe morta o comunque avrebbe condotto un’esistenza terribile.
Ho raccontato di questa storia perché trovo giusto scoraggiare l’acquisto di piccole tartarughe marine (e con esse voglio scoraggiare la terribile moda, in uso negli ultimi anni, di acquistare gli animali più insoliti), perché in realtà essi sono animali molto complessi che contrariamente a ciò che possono raccontarci per farceli acquistare, nel giro di poco tempo, diventano grandi avendo, così, bisogno di vivere in determinate condizioni che certo non possono trovare nelle nostre case.
Il lato più sconvolgente di tutta questa storia consiste, comunque, nel fatto che solo successivamente ho appreso che in realtà la vendita di tali specie animali è pure vietata, ma ovunque si vada (io per lo meno posso testimoniare per molti negozi del centro-sud d’Italia) tali graziose tartarughine sono vendute con tanto di rassicurazioni sul fatto che rimarranno sempre di minuscole dimensioni!
Personalmente mi auguro con tutto il cuore che la mia Kalé abbia dimenticato il male che, inconsapevolmente, le ho causato e che soprattutto sia sopravissuta, di certo io non mi dimenticherò mai di lei e del dolore che ho provato nel momento in cui ho preso coscienza di quanto la stavo facendo soffrire ed è proprio per questo che il mio augurio maggiore è che questo mio racconto scoraggi chiunque lo legga a compiere i miei stessi errori nei confronti di questi e tanti altri animali, perché se così sarà, almeno in piccolissima parte, potrò definirmi soddisfatta e guardare con speranza il mare, immaginando la mia piccola compagna sana e salva, insieme con qualche suo amichetto.
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