Viaggiare.. come sognare?
Viaggiare.. come sognare?
La questione assume infatti un rilievo differente se noi consideriamo tale desiderio come un implicita conseguenza di uno status quo delle cose; di un ordine materiale intrinseco all’orientamento sociale di una moltitudine di individui che, in quanto persone in grado di interagire fra loro, si esprimono nel modo più semplice e cioè esplicitando questo loro desiderio. Orbene, non vi alcunché di male nel voler assaporare le infinite meraviglie che il nostro pianeta ha da offrirci e nel voler con ciò appagare il bisogno meritorio di abbeverare la nostra vista e la nostra mente, dalla fascinosa fontana del “poter viaggiare” sennonché, un fenomeno di massa è pur sempre osservabile anche con occhio critico, come sinonimo o come sintomo, di un atteggiamento dilagante che è anch’esso riflesso incondizionato dello status della nostra vita sociale. Anzitutto dobbiamo definire tale vita sociale e come tale potremmo apostrofarla come il cosiddetto “nostro mondo”: quel crogiolo di quotidianità fatto di accadimenti e di fatti che da un lato determinano e dall’altro delimitano, il no-stro “territorio” sociale ovvero l’ambito nel quale ci muoviamo che, a sua volta, può essere suddiviso in sottoinsiemi, come ad esempio l’ambito lavorativo o l’ambito devoluto allo svago, ai nostri interessi o alla palestra e via dicendo rilevando che per ognuno di essi si presentano delle componenti che potremmo definire costanti, come il ripetersi degli orari con cui il tempo scansiona l’evolversi delle singole giornate. Codesta è già una valutazione, seppure ap-prossimativa, poiché non tiene conto delle variabili e cioè della conformazione già statuita del nostro status sociale e che ci porta poi ad affermare delle quali-fiche che ci identificano con un archetipo di persone, come ad es. avvocati, commercialisti, impiegati od operai.
Di fatto i desideri sono un po’ la coda del gatto degli esseri umani nel senso che, mentre per il nostro amico felino, il muovere la coda rappresenta l’indice di gradimento di quanto gli sta capitando, per noi tale indicatore si sposta sui desideri che, implicitamente, rivelano anche ciò che vorremmo cambiare della nostra vita sociale. Il viaggio è pertanto una chimera che simboleggia l’astrazione, la rottura ed il cambiamento con ciò che è il presente per abbracciare un futuro incerto nel quale ravvisare ancora una componente che esuli dalla sfera della quotidianità.
Da questo punto di vista il comune desiderio di voler viaggiare rappresenta null’altro che un condiviso e profuso sentimento di rigetto e di insoddisfazione per la propria vita sociale.
Volendo mondare il proprio animo di ogni ipocrisia e di ciascun immaginifico orpello di falsità o di orgoglio; innanzi allo specchio che non mente sulle rughe più di quanto lo sguardo non menta sullo stato dell’animo, dovremmo proprio ammettere con un sonoro e vigoroso “SI” affermativo, che desideriamo qualcosa di più, qualcosa che valorizzi il nostro essere: quell’infinito fervore dell’animo che brilla e rifulge di luce propria e che custodiamo gelosamente nel nostro cuore, nel posto che di diritto meritano i sogni e che ci spinge a detestare l’idea di un esistenza sciatta ed anonima, fatta di illusioni insapo-ri e scialbe trasparenze. Purtroppo, per realizzare tutto ciò bisogna saper affrontare il passato e con esso le proprie scelte, che come sempre accade, aprono la strada agli sbagli e a quelle ammissioni che pesano come macigni sull’animo e che tanto spaventano poiché sembrano negare il nostro stesso IO, l’ego che è fonte di tante sofferenze.
Il demone interiore è l’eterna sfida che si ripropone quando tiriamo le somme davanti al giudice cui non può essere celata prova alcuna, ma che, giova ricordarlo, è l’unico che ci possa assolvere; più delle parole di una cara amica o di chi ci ama e ci protegge: l’unico.. il solo che possa permetterci di intraprendere il viaggio più bello e duraturo: quello della pace con noi stessi, dell’armonia e della solidarietà con le nostre convinzioni e con i nostri ideali, perché siano es-si e non gli schemi prestabiliti a dettare il tempo ed i ritmi della nostra vita, consentendoci di reclamare per primo, il diritto più grande e cioè quello di poter sbagliare.. per poi ricominciare.
Tutto il grande percorso che rappresenta l’esistenza e che comincia nell’istante, seppur breve ed infinito della nascita, che ancora racchiude in sé il più grande e meraviglioso mistero che ci lega alla natura della vita e delle nostre origini, è un pedissequo ripetersi di scelte. Talune più grandi e altre più piccole, ma che, insieme, ci accompagnano nella nostra personale odissea e nell’affrontare tali scelte è necessario trattenere a sé l’armonia che deve albergare nel cuore.
Soltanto grazie ad essa potrete sapere cosa e soprattutto come è davvero meglio intraprendere una scelta Supponiamo per un istante che un individuo, che chiameremo ipoteticamente X, un bel giorno decida di lasciare la casa dei propri genitori per andare a vivere per conto suo. Interpellato in merito alla sua scelta egli da due risposte diverse. Nella prima egli sostiene che, avendo raggiunto la maggiore età, ritiene di doversi affermare e al tempo stesso confrontare con se stesso e gli altri e che per meglio poter affrontare la vita necessità della dovuta indipendenza. Nella seconda egli asserisce di non poter più sopportare l’oppressione cui è esposto, di non tollerare più i familiari coi quali vive e che necessità del pro-prio spazio per salvare la propria indipendenza. Entrambe le motivazioni conducono al medesimo risultato, ma nel primo caso se esso sarà un fallimento, sarà pur sempre un modo per crescere interiormente, per apprendere dai propri sbagli in completa libertà mentale, senza vincoli o catene che aprano le porte delle recriminazioni e delle scelte obbligate, mentre nella seconda ipotesi il desiderio di riuscire o quantomeno di non fallire sarà esasperato e spinto all’estremo per la paura che deriverà da esso e ad ogni caduta i fantasmi del passato si faranno avanti e reclameranno il loro posto nell’autocommiserazione. Solo la completa libertà dell’animo e la pace con se stessi conducono alla serenità e quindi alla felicità che, come sempre, non è da ricercare più lontano di quanto essa ci sia vicino e per farlo.. dobbiamo imparare a conoscere noi stessi prima di ogni altra cosa.
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