Clara Di Stefano, la poetessa del trillo d’usignolo e del frullo d’ali
Leggere la raccolta poetica Sull’orlo del giorno di Clara Di Stefano, edizioni confronto, 2019, (impreziosita dai bei disegni della sorella dell’autrice), significa en-trare nel mondo intimo e spirituale della poetessa: bisogna farlo in punta di piedi.
La raccolta si apre con alcune liriche che cantano l’attesa del Diobambino:
caparbiamente
aspetto
il Diobambino
mi prenderà per mano (Di terra e stella, p. 9)
il concetto di tempo (la notte del tempo):
più del tempo
è il dolore
che invecchia (Più del tempo, p. 11)
e quello di notte (il regno oscuro / della notte):
già la notte
carcera pensieri (Già la notte, p. 13).
Clara lascia andare il tempo…gli abissi del tempo…le gole oscure / del Tempo…:
persi
i giorni gai
al canto di rene (Più non penso, p.17)
per approdare alla quiete…cerca e cerca pace…implora implora / e implora pace…
In preda ai suoi pensieri (ricordiamo, come detto poco sopra, che la notte incarcera pensieri), la poetessa lucidamente si interroga e indaga il suo sentire:
e mi chiedo
se basta
questo fioco barlume
di fede a risolvere l’approdo. (Del mio Sirente, p. 16)
Clara dialoga continuamente con Dio, al quale chiede aiuto, al quale confessa le sue perplessità e tutto si svolge nell’abbraccio totale con la natura perché mai scoraggia-mento o dolore (ombre di pene / e demoni di dubbio; questo fardello di pene / che mi grava sul cuore) sono tali da annientare lo slancio vitale della Poetessa:
danzano fanciulle
nella notte
un canto vibra
sulle corde tese
delle stelle
s’acquieta
il morso che dilania
s’allentano le spire
attorno al cuore
un sogno azzurro
sboccia
fra le ciglia
indugia
e poi s’annega
nell’Immenso (Danzano fanciulle, p. 22)
Quale è stata la vita di Clara? La vita di Clara bambina che gioca con la cam-pana bislunga / disegnata col carbone ? Alcune poesie, quelle dedicate alla madre, al nonno ce lo indicano chiaramente: cara Clara, ho pianto quando parli di tuo non-no…anche io sono stata tra le sue braccia / accanto al fuoco / nelle sere lunghe dell’inverno…Quel nonno che solo sapeva raccontare di storie di guerra e di lupi (il mio…).Vita semplice, vita vera, piena di amore e di grazia.
Nella serie della Via Crucis, Clara pone l’accento sul tradimento di cui Gesù è stato vittima e sul sentimento di solitudine: Gesù, quanto sei umano! Con il tuo gio-vane corpo! Quanto dividi con noi il nostro andare…E proprio sul Cristo uomo Clara insiste:
oggi come allora
porti nella carne
i segni devastanti
delle umane cadute (Gesù viene condannato a morte, p. 42)
E l’uomo? L’uomo ripaga con l’insensibilità e con l’indifferenza. Ma l’anima anela respiro di redenzione e di speranza.
Unione a Gesù, sentirlo accanto nel cammino, essere fratelli: ecco la chiave di lettura (per starti più vicino / l’anima / si accartoccia / fra il legno della croce / e il palmo trafitto /della tua mano, p. 66). È così quando Gesù incontra la madre:
questo mio calvario
che implode
nel tuo petto (p. 47)
è così quando incontra il Cireneo:
siamo buoi appaiati allo stesso giogo
per tracciare insieme
l’amaro solco del Calvario (p. 49)
è così quando incontra la Veronica:
Veronica…
ti chiama
figlio fratello o padre (p. 53)
Non è un caso che l’ultima lirica della Via Crucis e della raccolta sia Resurrezione: a testimoniare la speranza e la fede della Poetessa. Bastano i verbi usati da Clara per dirci tutta la sua prorompente presenza: s’annunzia, percuote, incendia, intaglia, scende
e un urlo di luce
frantuma
l’opaca corazza
di cuori in disuso.
Fausta Genziana Le Pane