Fausta e la sua stanza
Fausta e la sua stanza
FAUSTA E LA SUA STANZA

Stringo fra le dita la corda della busta che contiene il mio lavoro, mentre aspetto che arrivi Fausta. Non la conosco molto bene, anzi, si può dire che non la conosco per niente, se non per qualche chiacchierata al telefono. Poche, pochissime, forse 3 o 4. Le ultime volte che ci siamo sentite era per spiegarmi cosa desiderava per l’illustrazione che mi stava commissionando per la copertina della raccolta delle sue poesie. So di aver fatto un buon lavoro, ne sono fiera, ma un po’ di nervosismo è d’obbligo quando la situazione è incerta. Avrò centrato il tema? Piacerà il mio stile? Ho avuto modo di leggere i suoi versi, ma è sempre un fatto personale l’interpretazione. Non sono sola, mi sono fatta accompagnare da mio marito. Antonio mi prende in giro. Ride di me perché sa che consegnerò un buon lavoro e non vede il problema.
Ecco che arriva Fausta. Una massa di capelli rosso bruno su un volto aperto e sorridente. Ci riceve come se ci fossimo salutati la sera prima dopo una cena fra amici e invece è la prima volta che ci incontriamo. Ci fa strada attraversando un garage dove percepisco un vago odore di mosto, ma forse è solo una mia impressione. Non faccio domande. Fausta apre una porta e ci precede lungo un corridoio. Mentre cammina ci racconta un po’ di cose, dei suoi impegni, i suoi interessi e della stanza dove ci sta portando, che è il suo piccolo regno, il luogo in cui lavora e si astrae dal mondo. Qui la sua concentrazione è al massimo, dice lei. Il suo Nirvana, penso io. Si ferma davanti a un’altra porta, la apre e ci fa entrare. La stanza è piccolissima e affollata. Mi sento subito avvolta in un’atmosfera quasi mistica, dove, fra simboli celtici e ricordi vari, si manifesta una interiorità complessa e molto ricca. L’ambiente è zeppo di cose, di fogli, soprammobili, libri, cartoline, quadri, appunti, ricordi, scritte, ninnoli e molto altro che è anche difficile da mettere a fuoco. Fausta ci parla un po’ di lei, della sua vita, e la relazione che ha con tutto ciò che la circonda e io capisco che ogni oggetto in quella stanza ha un suo perché e non è conservato a caso. È la descrizione di un carattere, di una personalità. Anche Antonio ne è rimasto colpito, lo capisco perché le fa un mucchio di domande. Non gli sfugge niente e chiede i perché e i percome. Sono contenta, lui di solito è così distratto. Ma in questa stanzetta è impossibile non farsi coinvolgere da così tante vibrazioni. Si rimane quasi storditi da quel turbinio di sensazioni di benessere, di energia luminosa del fare, dell’assaporare, dello sperimentare, energie che uccidono pensieri negativi, e sono cariche di curiosità per la vita. Tutto sembra essenziale per un equilibrio interiore. Qui anche le pareti trasudano poesia. Il ricordo del padre è così forte che quasi se ne sente la presenza. Ed è una presenza dolce, intelligente e amichevole anche se a tratti enigmatica. Mentre Fausta ci racconta di lui mi sento investita da così tanto immenso amore e ammirazione che ne ho quasi invidia. Nessuno muore davvero se vive nel cuore di chi resta, non è mia questa frase, ma mi piace citarla e in questo caso calza a pennello.  A questo punto mi rilasso, so che il mio lavoro le piacerà. E’ abbastanza enigmatico, carico di significati e poi…. è bello, e Fausta è una che sa apprezzare il bello. Infatti piace. Neanche me li aspettavo così tanti complimenti, non sono tutti così generosi in questo senso. Per chi fa il mio lavoro invece sono soddisfazioni, vuol dire che hai centrato il gusto e soprattutto il carattere di chi te lo ha commissionato, e non è mai da dare per scontato.
Si è fatto tardi, dobbiamo andare. In macchina chiedo ad Antonio le sue impressioni. Lui è molto più sintetico di me, dice:
-Fausta è una persona interessante.
-Sì, - confermo - Fausta è davvero molto interessante.


                                                                                     MARIA PASTA
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