Lo stile narrativo di italo calvino in “Il castello dei destini incrociati”
Lo stile narrativo di italo calvino in “Il castello dei destini incrociati”
Un anonimo narratore-protagonista trova riuniti in un ampio salone un numero di personaggi dall'aspetto signorile, desiderosi di raccontare ognuno la propria storia, ma affetti da mutismo, denominatore comune che unisce tutti i personaggi.
Gettato sul tavolo c'è un mazzo di tarocchi dal quale inizia la narrazione, strutturata sulla disposizione non casualmente delle carte, rispettando le regole del domino. Così facendo si narrano le diverse avventure che hanno spinto i personaggi a rifugiarsi nel castello, facendo affidamento sulla capacità di interpretazione degli ascoltatori e sull’ attenta partecipazione interpretativa dei commensali.
Superficialmente, il proposito di Calvino non sembrava che un puzzle, dove importante non era il disegno finito ma l'abilità di sistemare tutti i pezzi secondo regole ben definite.
Con un’analisi più approfondita, si può cogliere l’ideologia di partenza di Calvino, che ha dovuto essere rielaborata durante la stesura del testo. In principio l’autore voleva compiere la sistemazione delle carte entro una cornice prefissata. In seguito si rese conto dell’impossibilità dell’operazione, abbandonando la concezione di cornice come contenitore di tutte le storie e narrando piuttosto le vicende senza incanalarle in una cornice predefinita.
Quando rinunciò a trovare una logica combinatoria totalizzante, divenne consapevole che la letteratura stessa è la metafora più convincente del labirinto, dal momento che lo scrittore, nell'infinita selva delle possibilità narrative, sceglie i percorsi possibili, decodificando a suo piacere i segni della realtà e illudendosi, tramite la costruzione di storie, di trovare una razionalità nel caos.
Calvino spiega di aver utilizzato nel suo lavoro i tarocchi come macchina narrativa combinatoria, per cui il significato di ogni singola carta dipende dal posto che essa ha nella successione di carte che la precedono e la seguono. Il riferimento letterario utilizzato da Calvino è l’Orlando Furioso, in quanto le raffigurazioni dei tarocchi rappresentano la prospettiva nella quale si era formata la fantasia ariostesca. Si comprende così come anche l’intersecazione delle storie, come la sequenzialità delle immagini, sia stata ispirata dalle narrazioni dell’Orlando Furioso, in quanto raccontando diverse storie con l’utilizzo delle medesime carte, le vicende inevitabilmente si sarebbero incrociate dando vita ad un’opera aperta. In principio Il Castello e la Taverna erano stati progettati come due elementi complementari. Grazie all’utilizzo di registri linguistici diversi, l’autore voleva evidenziare la differenza tra le miniature raffinate del Rinascimento e le rozze incisioni dei tarocchi di Marsiglia. Il Castello è stato quindi definito un’opera compiuta in quanto sottolinea la purezza geometrica del progetto concettuale, mentre la Taverna risulta come una curiosa combinazione tra questi due registri contrastanti.
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