Intervista a Fabio Turin un giovane scrittore emergente
Intervista a Fabio Turin un giovane scrittore emergente
Un campo verde prato, segnato da linee bianche.
Un’area speciale dedicata ai rigori è quella dove il nostro sguardo è puntato.
Un giocatore d’eccezione è lì. A giocare la sua partita, a tirare la sua palla, a fare il suo goal.
Fabio Turin è il suo nome, Memoria di un imperfetto (Prospettiva editrice) quello della sua palla con cui fare goal.
E noi, seduti a bordo campo, aspettiamo che arrivi con la sua pallone tra le mani a parlarci della sua partita letteraria.

Il tuo libro Memoria di un imperfetto lo considereresti più un figlio, un fratello o un genitore? E perché?
La similitudine è più vicina a un figlio. In fondo, si tratta di qualcosa che nasce dal proprio corpo dopo l’unione tra l’anima e l’ambiente circostante, ed è una creatura che ha bisogno di cure e di attenzioni, fino al momento in cui la si può lasciare libera di coinvolgersi con il mondo.

Cos’è la noia per uno scrittore?
E’ la peggior cosa. La noia equivale alla sterilità e, di conseguenza, all’impossibilità di essere pienamente uno scrittore. Per evitare di vivere questa misera condizione, credo sia necessario non perdere mai di vista quello che siamo e aver sempre il coraggio di vivere intensamente il proprio percorso.

C’è un oggetto che credi possa contraddistinguere la quotidianità? E se sì, qual è e perché?
Un oggetto per contraddistinguere la quotidianità? Bella domanda… Mi viene in mente un cellulare o un computer, perché sono lo strumento che utilizziamo per affrontare la giornata, per confrontarci, per esprimerci. E, infatti, per evadere dalla quotidianità io utilizzo una penna e un foglio di carta.

Se ora avessi davanti un foglio bianco e una penna, cosa scriveresti?
Sicuramente continuerei il capitolo che sto cercando di finire della mia terza opera…

Raccontare a quale senso credi sia più associabile e perché?
E’ sempre soggettivo. Io credo che sia difficile separare i sensi perché, fortunatamente, ogni giorno posso vivere l’incredibile meraviglia di ascoltare, di annusare, di vedere, di toccare e di conoscere il gusto delle cose. E quando sono particolarmente fortunato, di percepire.

Credi che leggere sia un buon modo per "non fermare l’incanto della scrittura"?
Sì, certamente. Più che altro leggere permette che ci sia un circolo di vita. Qualcuno prova delle emozioni, poi le trasferisce su un foglio di carta. Qualcuno prende quel foglio di carta e nascono nuove emozioni, alcune delle quali ritornano in circolo sotto forma di pensieri e azioni.

Qual è il libro che più di tutti ti ha lasciato un segno? E di che segno si trattava -livido, escoriazione, graffio, incisione, taglio… -?
Mai stato ferito da un libro, per fortuna… Per mia natura non sono legato a nessuna opera in particolare. Tutti gli autori conosciuti e, soprattutto, le loro parole sono entrate in me, mi hanno arricchito e poi le ho lasciate libere.

Scrivi per te o per gli altri?
Lo scrivere è un atto rivolto a soddisfare me, durante il quale la mia anima viene sfamata. Quello che scrivo è, invece, "anche" per gli altri.

Quanto e cosa c’è di tuo in Memoria di un imperfetto?
Ogni opera porta con se il mio sapore e la mia età.
Questo romanzo sicuramente racchiude un periodo della mia vita, pensieri ed esperienze. Ma, fortunatamente, è il libro a essere un sottoinsieme della mia vita, e non l’incontrario.

Secondo te scrivere è un modo di fare arte?
Io direi, piuttosto, che scrivere è un modo di espressione di un artista.
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