Intervista al Maestro Carmelo Fabio D’Antoni - DONNISSIMA
Intervista al Maestro Carmelo Fabio D’Antoni - DONNISSIMA
Il pittore stilnovista Carmelo Fabio D’Antoni si racconta a DONNISSIMA


Nato a Catania, Carmelo Fabio D’Antoni è un artista che si è saputo ispirare alla tradizione della pittura classica preraffaellita, alla poesia e alla sensibilità del Dolce Stil Novo, fondendoli in un suo personalissimo messaggio legato alla contemporaneità della società moderna.  Fin dalle prime esperienze formative nelle antiche botteghe d’arte, ha appreso i segreti delle tecniche tradizionali per poi reinventarle in chiave moderna, fondando una corrente pittorica, di cui al momento è l'unico rappresentante, che celebra la figura femminile. Il Maestro Carmelo Fabio D’Antoni matura la sua vena artistica nel prezioso contesto della sua terra , nutrendosi di secoli di storia e di cultura qui presenti. Poliedrico per definizione, cresce nelle botteghe dei più grandi maestri contemporanei, sperimentando tecniche e stili che lo hanno portato a trovare il suo percorso nella sublimazione della figura femminile. Nel 2017 si accosta al Sommo Poeta Dante Alighieri, creando opere ispirate alla Divina Commedia. L’Artista si accosta così al pensiero letterario “Stilnovista”, e decide di riprenderne la filosofia fondando una corrente pittorica . La sua personale crescita, travagliata e sofferta, lo ha portato a conquistare, malgrado la sua giovane età, massimi livelli. La storia lo ricorderà sempre come l’uomo sceso all’inferno passando per i 4 elementi fino a giungere alla sua massima levatura di “Pittore del Dolce Stil Novo”. Sua è la frase coniata “ La massima espressione dell’arte è la forza della Donna” L’Artista ha colto il valore spirituale della forza del vero amore, la donna, sublimandolo nelle sue tele. Uomo sensibile e rispettoso, da sempre contraddistinto da uno spirito elevato, il D’Antoni sa cogliere il bello nelle forti e accese espressioni degli occhi seducenti e ammalianti, ma mai volgari dei suoi soggetti, che trasforma in donne mitologiche e storiche. Dalla Grecia alla Scandinavia, passando per l’Europa e L’Inghilterra, l’artista trasforma le sue modelle, alcune volte uscite dalla sua fervida immaginazione, in immortali guerriere, vive e sacre, eteree guardiane del suo tratto sempre preciso e disciplinato . Negli anni la carriera del Maestro si è evoluta in una costante e continua crescita nel mondo artistico internazionale esponendo in vari Musei, Fondazioni e Gallerie a Roma, Firenze,Torino Messina ,Bonn, Baden Baden, Colonia, Berlino, Chicago, Los Angeles, Miami, Vienna, Bruxelles, Praga, Sofia, Spoleto, Perugia, Andria, Foggia, Catania, Siracusa, Palermo ecc.
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Qual è la reazione più sorprendente che ha ricevuto da un visitatore davanti a una sua opera?
Una volta una donna scoppiò in lacrime davanti a un mio dipinto. Non di commozione superficiale, ma di quelle lacrime che arrivano da un punto profondo, da una ferita riaperta o forse guarita. Mi disse che aveva finalmente visto qualcosa che metteva in immagini quello che provava da anni e non sapeva esprimere. È in momenti come questi che l’arte smette di essere mia e diventa di chi guarda.

Il pubblico è parte integrante dell’arte. Come si aspetta che i visitatori interagiscano con la sua mostra?
Non voglio che guardino le opere come si osservano oggetti in un museo. Vorrei che entrassero in dialogo con esse, anche in silenzio. Che si fermino, che sentano. Che abbiano il coraggio di mettersi in discussione, perché ogni tela, ogni colore, è una porta. E ogni spettatore ha la chiave della propria interpretazione.

Durante l’inaugurazione ha dipinto dal vivo un’opera. Cosa significa per lei condividere questo momento con gli spettatori?
Dipingo spesso nel silenzio dello studio, dove tutto è raccolto e intimo. Ma creare dal vivo è come spalancare il cuore. È un atto di vulnerabilità e fiducia. Gli spettatori non assistono solo alla nascita di un’immagine, ma entrano in un rito. Diventano testimoni di un passaggio, e in qualche modo, lo vivono con me.

Le sue tele sembrano parlare a chi le osserva. Quale messaggio vorrebbe che rimanesse impresso nel cuore di chi visita la mostra?
Vorrei che chi osserva capisse che non siamo soli nelle nostre ombre. Le mie opere parlano di luce e tenebra, di bellezza che nasce dal dolore, di speranza che resiste anche nei luoghi più oscuri. Se riuscissi a lasciare nel cuore di qualcuno il seme del coraggio di guardarsi dentro, allora la mia arte avrebbe fatto il suo dovere.

Qual è l’opera che sente più rappresentativa di questa esposizione e perché?
Ce n’è una che considero una sorta di “manifesto emotivo” della mostra: si intitola Il Silenzio di Dio. È un’opera che contiene il dubbio, la fede, la rabbia e la pace. La sento profondamente mia perché racchiude il conflitto tra umano e divino, tra ricerca e smarrimento. È un quadro che non dà risposte, ma le evoca tutte.

Dopo la chiusura della mostra, quale vorrebbe fosse il suo lascito artistico e umano?
Vorrei che si ricordasse che l’arte non è evasione, ma rivelazione. Che non serve essere eruditi per sentirsi toccati. Se anche una sola persona porterà con sé un’immagine, un pensiero, una vibrazione emotiva, allora l’arte avrà lasciato un segno. E il mio passaggio non sarà stato vano.

Progetti futuri?
Sto lavorando alla fondazione del M.A.S.Club – Movimento Artistico Stilnovista, un’associazione culturale che promuoverà l’arte come mezzo di risveglio morale e spirituale. Inoltre, continuo la ricerca tra pittura e scultura, tra il visibile e l’invisibile. Ci sono nuove opere in cantiere, nuove mostre e, forse, un libro. Ma soprattutto, c’è un cammino che prosegue, con la stessa fame di verità che mi ha sempre mosso.
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